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15 Mar
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Intervista all'autore - Antonia Dartizio

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?

Sono una docente di lingua francese, in pensione dal 2011. Sono nata a Grassano ma vivo a Matera. Non ho deciso di diventare scrittrice. Ho incominciato a scrivere da quando sono in pensione per superare il distacco dalla scuola, dal mio lavoro che ho amato e amo tanto. Questo è, infatti, il mio secondo libro.



2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?

In genere scrivo la mattina presto, molto presto, quando il silenzio mi permette di concentrarmi, di essere in contatto solo con me stessa. A volte anche nel corso della giornata ma quando sono sola. Per me è importante che niente e nessuno inibisca i miei sentimenti, le emozioni che vivo scrivendo.




3. Il suo autore contemporaneo preferito?

Non ho un autore preferito perché leggo, e molto, in genere su Internet, soprattutto articoli sulla pedagogia, la metodologia per l’insegnamento delle lingue e, chiaramente, articoli su temi di attualità (politica, cronaca, economia…) in lingua francese e in italiano.



4. Perché è nata la sua opera?

La mia opera è nata dal bisogno di liberarmi da alcune delusioni che hanno segnato la mia vita e di vivere serenamente per potermi dedicare ad altro, in toto, con passione e abnegazione. A poco a poco, senza rendermene conto, l’argomento si è allargato fino ad abbracciare i problemi che si vivono a livello mondiale e non solo.



5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?

Molto ha influito, chiaramente, la mia famiglia numerosa nella quale ho vissuto tanti anni. Innanzitutto la figura di mia madre è stata importantissima e incisiva. Lei, infatti, era fermamente convinta che la cultura fosse basilare nella formazione di ogni individuo. Accanto a mia madre, poi, le mie due sorelle più grandi, in particolare mia sorella maggiore, che insegnava già quando io frequentavo le scuole elementari. Anche il contesto in cui vivo oggi ha influito moltissimo. Mio marito, infatti, che legge molto, che ha avuto e continua ad avere contatti a livello nazionale e internazionale, in ambito lavorativo e non solo, mi ha sempre sostenuta nelle mie scelte, nei miei interessi. Anzi è lui che mi ha permesso di allargare le mie vedute, di vivere esperienze, grazie anche ai viaggi, ai lunghi e numerosi viaggi, che molto hanno inciso sulla mia formazione letteraria.



6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?

Scrivere è senza dubbio un modo per raccontare la realtà che, quando è negativa, procura benessere psico-fisico, grazie alla funzione catartica. Infatti, come diceva Marguerite Duras: “Scrivere, è anche, non parlare. È tacere. È urlare senza rumore”. Quando è positiva, invece, coinvolge tutta la persona nel rivivere con piacere ricordi indelebili. Nello stesso tempo, per me, scrivere è anche evasione dalla realtà perché permette di vivere e/o di rivivere, situazioni personali e non, in un mondo incantato nel quale ci si rifugia soprattutto per superare determinati problemi e trovare la forza per andare avanti e non soccombere.



7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?

In ciò che ho scritto c’è moltissimo di me perché è inevitabile, secondo me, ricorrere agli episodi che hanno segnato la nostra vita per esprimere concetti, sensazioni, vivere e trasmettere forti emozioni. Questa è comunque la mia piccola esperienza di “scrittrice”. Chiaramente dal personale si passa, poi, al generale. Ed è proprio quello che si è vissuto personalmente che permette di far osservare, capire gli altri, le storie degli altri.



8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?

Non una, ma alcune persone sono state rilevanti nella stesura dell’opera. Le loro storie, o meglio la loro vita, mi ha fatto soffrire e mi fa soffrire tanto al punto da somatizzare il dolore che riesco a celare per dignità e che, quasi per reazione, mi ha trasmesso e mi trasmette una carica positiva a dare il meglio di me in quello che faccio e che vorrei fare. È inconcepibile, per me, lasciarsi andare ai problemi che, purtroppo, fanno parte della vita. Questo sentimento mi ha permesso di dare una svolta all’opera, di passare dagli aspetti negativi della vita a quelli positivi che rappresentano, d’altro canto, l’obiettivo dell’opera: “Inno alla vita”. Fondamentale per la stesura dell’opera si è rilevata anche mia sorella maggiore, morta per un tumore ai polmoni. Molto probabilmente per esserle stata accanto, sia a casa che in ospedale, in tante occasioni, mi ha permesso di condividere il suo dolore e il dolore di altra gente, di vivere emozioni che cambiano la vita. Il suo ricordo mi ha richiamato alla mente, naturalmente, mia madre, mio padre, la mia famiglia.



9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?

A mio marito e ad una studentessa universitaria che, dopo averle io riassunto il contenuto nelle linee generali, ha espresso il desiderio di volerlo leggere per servirsene come argomento della sua tesi di laurea.



10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’e-book?

La facilità e la praticità dell’uso delle nuove tecnologie, soprattutto da parte dei giovani, fanno pensare che il futuro è l’e-book. Io sono convinta (o almeno spero), comunque, che il libro cartaceo non potrà mai essere sostituito per il suo fascino che ha sempre avuto, per il piacere che si prova nel toccarlo, sfogliarlo. Io lo considero parte integrante dell’arredamento che prende vita con la presenza dei libri, che non sono semplici oggetti. Dai libri si sprigiona energia positiva che viene trasmessa e che stimola a fare, a vivere. Io ho dei libri in tutti gli ambienti della mia casa!



11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

L’audiolibro è senz’altro positivo perché permette di cogliere anche gli aspetti sonori, musicali, ambientali che vengono esaltati dalla lettura. Si ricorre all’audiolibro, in genere, quando si hanno problemi di disabilità, difficoltà di lettura, quando non si ha tempo per leggere (si può ascoltare e fare altro contemporaneamente) , quando non si sa ancora leggere. Grazie all’audiolibro, infatti, si educano i bambini all’ascolto. C’è, inoltre, chi lo fa solo per il piacere di ascoltare. Quando poi si ascolta un audiolibro in una lingua straniera che si cerca di imparare, che si vuole perfezionare o che si ama semplicemente, è il massimo. A questo proposito ho fatto una piccola esperienza che rafforza questo mio pensiero. Alcuni anni fa sono stata contattata da una francese che mi ha proposto di leggere in italiano una storia per ragazzi, che è stata anche letta da parlanti nativi (francese, inglese e polacco) e pubblicata. L’audiolibro è senz’altro una moderna esperienza da provare che non dovrebbe, secondo me, sostituire la lettura tradizionale che viene arricchita ma che ha tanti altri aspetti positivi. Leggere, infatti, non significa decifrare ma saper decodificare un messaggio scritto, saper comprendere, saper elaborare, esprimere un giudizio, apprezzare il valore di ciò che si legge e accedere ad altri valori.


 

 

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